Io faccio nuove tutte le cose
Noi lo sappiamo bene: La Quaresima è un tempo di conversione. Ed è, per tanto, anche un tempo di lotta. La lotta che dobbiamo affrontare si pone su diversi piani: dobbiamo lottare contro noi stessi, contro il nostro io, il nostro orgoglio; dobbiamo lottare contro il demonio e le tentazioni che fa nascere; dobbiamo infine lottare contro ogni realtà che ci allontana da Gesù, da ogni ostacolo che ci impedisce di essere con lui. «Chi non è con me, è contro di me», ci avverte Gesù nel brano Evangelico proposto dalla liturgia oggi (Lc 11,23): queste parole hanno un significato molto profondo e possono servirci di regola in ogni cosa. Essere con Gesù deve essere la nostra prima ed unica preoccupazione.
Anche noi vogliamo aprirci, e aprire la nostra vita, alla freschezza di una nuova primavera, di un nuovo inizio. Iniziare non vuol dire disprezzare o distruggere quello che fin ora abbiamo costruito. Vuol dire aprirci alla novità: la novità di un rapporto con Gesù più intenso, più amichevole, più intimo… «Non ve ne accorgete…? Io faccio nuove tutte le cose!». Ed è proprio di questo che noi abbiamo bisogno, di un nuovo inizio che, senza rinnegare il nostro personale vissuto, lo rinnovi infondendo in esso una linfa nuova… Abbiamo bisogno di sentire la voce del Signore che ci chiama e ci dice con le parole del Cantico (Ct 2, 10-13):
«Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!»
Ecco, così parla il Signore ad ognuno di noi! Parla e ci dice: «Alzati, e vieni! Perché l’inverno è passato, è cessata la pioggia, i fiori sono apparsi, il tempo del canto è tornato…!»
«Alzati e vieni» è la chiamata ad abbandonare una volta per tutte il nostro peccato, a scrollarci da dosso il fango delle nostre miserie e del nostro egoismo, a non restare paralizzati negli stretti confini del nostro limite! È la chiamata alla conversione e che la voce della Chiesa fa risuonare ogni Quaresima alle nostre orecchie, e soprattutto al nostro cuore.
Fratelli, questa è la Quaresima. Questa chiamata del Verbo di Dio, della Sapienza di Dio, che ci dice: “Alzati e vieni”. L’inverno è passato. L’inverno dei nostri rapporti con Dio, forse corretti, ma altrettanto freddi, senza vero amore. L’inverno dei nostri rapporti con i fratelli, formalmente ineccepibili ma incapaci di generare amore, di trasmettere speranza, di aiutare l’altro a realizzarsi nella sua verità! L’inverno della nostra vita spirituale, ridotta forse all’essenziale, arida… Ed è questo il sogno costante di Dio sulle nostre vite: che una volta per tutte decidiamo di mettere fine al nostro inverno. E. cioè, al nostro torpore, al nostro rimanere bloccati in noi stessi senza riuscire a buttare nuovi germogli né generare nuovi frutti di vita.
Il Signore oggi ci dice: Alzati e vieni! E con questa parola ci trasmette il coraggio e la capacità di poter realizzare quello che Egli ci chiede. Come a Pietro, che gli chiedeva di camminare sulle acque, disse: vieni!…
«Alzati e vieni» è la chiamata ad abbandonare una volta per tutte il nostro peccato, la nostra vita mediocre e borghese, a scrollarci da dosso il fango delle nostre miserie e del nostro egoismo, a non restare paralizzati negli stretti confini del nostro limite. È la chiamata alla conversione e alla penitenza che la voce della Chiesa fa risuonare ogni Quaresima alle nostre orecchie, e soprattutto al nostro cuore.
Ed è una voce allegra, come corrisponde a un annunzio gioioso. L’annuncio che Dio ci ama e ci aspetta. Che è pronto a cancellare i nostri debiti, voltare pagina e regalarci una veste nuova. Infatti, la chiamata alla penitenza, oltre ad essere una grazia in se stessa, porta anche con sé la grazia della risposta. Doppiamente gioiosa perché ci offre la sicurezza di trovare spalancate le porte della casa paterna e il Padre stesso che ci attende… E nel nostro caso anche il fratello maggiore, Gesù, che non ci rinnega ma ci porta per mano, felice, per farci sedere in sua compagnia.
La Quaresima è il momento favorevole per intensificare la vita dello spirito attraverso i santi mezzi che la Chiesa ci offre: alla base di tutto c’è la Parola di Dio, che in questo tempo siamo invitati ad ascoltare e meditare con maggiore assiduità.
La Parola che Dio rivolge a noi è, innanzitutto, un dono. Un dono, non un diritto. Dono immeritato e impossibile di meritare. La Parola di Dio è una forza viva, capace di suscitare la conversione nel cuore degli uomini e di orientare nuovamente la persona a Dio. Chiudere il cuore al dono di Dio che parla ha come conseguenza il chiudere il cuore al dono del fratello.
Il dono occorre saper accoglierlo e approfittarne quando ci viene donato. Non va sprecato, per la sua dignità, ma anche perché potremmo non riaverlo più. Certo, la Parola di Dio donata al mondo è là, immutabile, si è fatta carne e ci è stata donata in modo irrevocabile. Ma l’occasione di grazia in cui la Parola, una Parola, viene donata personalmente ad ognuno di noi e viene accompagnata dalla grazia che trasforma il nostro cuore… questa non ci è dovuta! Dobbiamo sempre avere presente l’esortazione dell’Apostolo a non ricevere invano la grazia di Dio, a non contristare lo Spirito del Signore.
Frutti dell’ascolto saranno il digiuno, la preghiera e la misericordia, per i quali sta salda la fede, perdura la devozione e resta la virtù. Il cristiano è chiamato a non accontentarsi con una vita mediocre ma crescere in amicizia con il Signore.
Frutti dell’ascolto saranno il digiuno, la preghiera e la misericordia, atteggiamenti che sgorgano da un cuore toccato dalla Parola di Dio e che già da se stessi esprimono il desideroso di darle una risposta adeguata per rendere possibile il dialogo amichevole, la comunione di vita e di intimità con Lui. Tali frutti di conversione (digiuno, preghiera, misericordia) diventano a loro volta dei mezzi potenti per perfezionare la nostra adesione a Cristo e la nostra vita spirituale.
Digiuno, preghiera, misericordia, sono stati da sempre ritenuti inseparabili dalla tradizione della Chiesa. Così lo inculcava san Pietro Crisologo ai suoi fedeli «La preghiera il digiuno e la misericordia sono una cosa sola che ricevono forza l’una dall’altra e per i quali sta salda la fede, perdura la devozione e resta la virtù» (Discorso n. 43).
E san Cipriano, nel suo trattato sul Padre Nostro (n. 32-33), afferma che «coloro che pregano non devono andare a Dio senza frutti e con sole preghiere poiché la richiesta è inefficace quando si prega Dio con sterile orazione. Per questo la divina Scrittura ci istruisce dicendo che “buona cosa è la preghiera con il digiuno e l’elemosina” (Tb12,8). Colui, infatti, che nel giorno del giudizio darà il premio per le opere e per le elemosine, anche oggi ascolta benignamente chi va all’orazione accompagnato dalle buone opere».
Digiuno e austerità hanno, inoltre, un grande valore propedeutico, altamente formativo: ci preparano e ci dispongono alla misericordia. In un fascicoletto per bambini ho trovato questa preghiera, attribuita a Sta. Teresa di Calcutta:
«Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo: quando ho sete, mandami qualcuno che ha bisogno di una bevanda; Quando ho freddo, mandami qualcuno da scaldare; quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare…»
Infatti, è l’esperienza propria della difficoltà e del dolore che ci permette comprendere e compatire le difficoltà e le sofferenze degli altri. In questi momenti drammatici della storia di Europa e del Mondo.
«Il cristiano -in parole di Papa Francesco- è chiamato a non accontentarsi di una vita mediocre, ma crescere nell’amicizia con il Signore. Gesù è l’amico fedele che non ci abbandona mai, perché, anche quando pecchiamo, attende con pazienza il nostro ritorno a Lui e, con questa attesa, manifesta la sua volontà di perdono».